La grande coerenza di OBE: il primo album firmato Mace

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“È da ieri che sto in piedi col mio whisky / E non mi vedi tra i problemi che ti crei”

Grazie per questi versi cari Andrea Venerus, Leslie Sackey, Maurizio Pisciottu, Riccardo Fabbriconi, Simone Benussi: siete stati davvero formidabili e sapete perché? Perché avete realizzato un brano e, in secondo luogo, un disco coerente con ciò che siete come artisti, un album potente proprio in virtù di quello che siete riusciti a comunicare.

Il racconto di Out Of Body Experience, ascoltato da un’italiana ad Abidjan

Ma andiamo con ordine: OBE di Mace (produzione principale) esce a Febbraio del 2021 in un’Italia particolare, per usare un eufemismo. Io vivo ad Abidjan, in Costa d’Avorio, e, intorno ai primi giorni del suddetto mese, ricevo il messaggio di una delle mie migliori amiche rimaste a Bologna: mi invia Dal tramonto all’Alba e io le rispondo con Buonanotte, rispettivamente traccia 3 e 4 dell’album. Ecco che il beat di Noyz si scontra e si incontra con quello di Gemitaiz, più fresco e leggero ma anche più fragile. Non è un caso che questi brani vengano esattamente nell’ordine suddetto nella tracklist.

La tracklist di OBE

Penso che se il mio Spotify potesse parlare, mi direbbe che ormai ho consumato l’intero disco con tutti gli ascolti di questo periodo. Honor mention per Joan Thiele che, con Senza Fiato, si è consacrata in una delle prime posizioni delle mie “poco attendibili” classifiche, per vocalità e precisione nella tenuta dei suoni. Madame e Rkomi, già noti per la loro originalità anche se in contesti differenti, sorprendono in un featuring che accompagna pomeriggi assolati proprio dalle parti di quell’Equatore citato nel brano stesso.

“Ti comporti come farei io, come farei in video, come farei allo specchio se non guarda nessuno, nessuno” è uno dei versi chiave: potremmo dire che rappresenta la perfetta fusione tra significante e significato mentre si intrecciano tra i suoni che cercano l’eco, in una circolarità che ricorda proprio quella d’equatore.

Il climax del disco di Mace

Riprendo perché non ne abbiamo parlato abbastanza: La canzone nostra, da cui sono tratte le citazioni in introduzione, è il pezzo migliore del disco. Certamente, Salmo fa la sua parte, ma riconosciamo anche un ispiratissimo Venerus di cui è particolarmente evidente lo stile in background (per approfondire, consigliatissimo l’ascolto di Love Anthem N.o 1 e Forse ancora dorme). Ma come? Ci sorprendiamo ancora di un Mace visionario che ha prodotto i primissimi brani di Andrea? Questo motivetto incalzante è una prova di qualità, una sfida tra freestylers che danno vita a un ascolto partecipativo e intenso. C’è molta poesia, una poesia visuale che lascia al più sincero viaggio chiunque lo ascolti.

Carl Brave, devo dirti che non ti ricordavo così! Sogni Lucidi è il brano che ricorda i feat con Max Gazzè, nonostante il timbro di Rosa Chemical. C’è una Roma semplice dentro questa canzone: quella della generazione Z. Come riconoscerlo nella forma? Grazie all’uso spasmodico dell’autotune. Nella sostanza? La storia è quella di una normalissima coppia etero del suddetto slot Z nell’era dei social media.

Ernia conferma il follow del suo stile in Sirena:

“Ho perso chili ed ho fumato quintali di sigarette / Pensando a me e te che annegavamo dentro le coperte / Spero che mi ascolterai dentro quelle cuffiette / Quando stai urlando, ma là fuori il mondo non ti sente”

Probabilmente è il brano più potente dell’intero album. Questa è una tripletta che vince: Samuray Jay e DARNN ci mettono il beat, Mace il controllo, Ernia la voce, modificatissima, certo, ma penetrante e coerente con quello che il sound vuol comunicare. Lo dicevamo all’inizio, vero? Grazie per questa straordinaria coerenza.

Il finale dell’album

Infine, grande sorpresa per me, quella di Ketama126 che sintetizza la melancolia in quanto mancanza, lontananza. Notte Fonda è per gli insonni, per gli instancabili, per una generazione – lo ripeto volutamente – disillusa. Gli Psicologi inseriscono la parte emotiva nel brano:

“Prima stavo peggio / Ora prendo il primo volo da Fiumicino a Nairobi / E dopo sto un po’ meglio […] Buio fuori alla finestra / Bevo alcolici alla goccia / Perché ‘sta città è una gabbia / Non so uccidere l’insonnia”

Ecco, probabilmente, queste strofe sono quelle a cui sono più affezionata. Abbracciano una solitudine grande ma nonostante tutto sopportabile.

Il fascino consolatorio di OBE di Mace

Se vivete in un’altra città, in un’altra regione, o addirittura come me in un altro continente, vi assicuro che l’ascolto di quest’album è consolante. “Nel Blu dipinto di Blu era la canzone nostra” è un verso che chiunque, anche al di fuori dell’Italia conosce, ed è un omaggio, a mio parere, degli artisti a ciò che è stato il grande cantautorato italiano, con rispetto, con eleganza e, lo ripeteremo fino allo sfinimento, con coerenza.

Vanessa Mangiatordi

Vanessa Mangiatordi

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