Scegliere uno dei dischi che ha caratterizzato il nostro 2019 non è stato semplice. Sicuramente, facilitati dal nostro incontro con loro in occasione della masterclass di Sound By Side con la mitica Sylvia Massy dello scorso maggio, i vincitori li abbiamo trovati in poco tempo. Pubblicato il 9 marzo 2019, Fidatevi è il sesto album in studio dei Ministri; il trio formato da Davide Autelitano in arte “Divi” (voce e basso), Federico Dragogna (chitarre) e Michele Esposito (batteria) torna in grande forma con un lavoro ricco di contenuti ed energia, quasi a voler archiviare la parentesi di Cultura Generale, edito quattro anni prima, che aveva lasciato tutti con un leggero amaro in bocca e il serio rischio di prendere strade “pericolose”.
Già, perché siamo ormai circondati da gente che, con il passare degli anni, fa di tutto per “mantenersi giovane”, finendo poi col produrre meringhe diabetiche ai limiti della tolleranza. E di questo il mondo indie italiano ne è ormai pieno fino al collo.
C’è bisogno, allora, di qualcuno che dia la giusta scossa, magari partendo da chi, per quel mondo, rappresenta una vecchia guardia; ed è sulla base di questo che è stato concepito Fidatevi, per evitare che una precisa impronta musicale possa diventare un ridicolo stereotipo. Come al solito, il clou della lavorazione avviene in fase di pre-produzione dell’album, con il tocco finale di Taketo Gohara per Officine Meccaniche, che rende il tutto calato in un sound che rimanda ai primi anni novanta.
È un album che vive di correnti alternate; si passa dal Punk al Trash Metal, passando per le ballad. Già ascoltando le prime due tracce Tra le vite degli altri e la title track Fidatevi si nota il taglio netto con il recente passato, e lo schiaffo in faccia che i nostri tre vogliono dare alla realtà musicale attuale, a tratti ci sono dei richiami che vanno dai Nirvana ai Metallica dei tempi migliori. A questi seguiranno altri pezzi a stampo più “Noisy” come Usami, Crateri e Mentre fa giorno, ma il momento forte arriva con le ballad: Memoria breve con il refrain più pop del disco, l’acustica Due desideri su tre, l’armoniosa Dimmi che cosa, canzone dal finale aperto che vuole rimettere un po’ in ordine lo scompiglio di energia e sentimenti tirati fuori fino a quel momento. Ma, come avviene in quasi tutti gli album, il momento più alto sta nel mezzo, e porta il nome di Tienimi che ci perdiamo, un groove semplice ma non per questo scontato, che riprende il tema della fiducia, e potenziale pezzo da coro durante i live.
Dal punto di vista dei testi, chi si aspettava liriche adolescenziali rimarrà deluso: si mette in evidenza uno stato di disagio, di smarrimento, si va alla ricerca di qualcosa a cui appoggiarsi per non andare a fondo, è un disco sulla fiducia, appunto, in tutti i suoi aspetti. È vero, sono tornati i Ministri che abbiamo conosciuto all’inizio, ma non chiamatelo ritorno alle origini; piuttosto è un’esame di maturità, e i Ministri ci stanno aiutando a crescere insieme a loro.