Depeche Mode – 30 anni di “Violator”

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Era il 19 Marzo 1990 e i Depeche Mode pubblicavano il loro ottavo album Violator; un disco che rappresenta il completamento di una svolta cominciata tre anni prima con Music for the masses. Gli anni ’80 si sa, sono stati il decennio delle meteore, di tutto e di niente. Per cui, se nasci come band pioniera del Synth Pop inglese, o ti adegui alle nuove tendenze sonore, o presto finirai nel dimenticatoio.

Elettronica, blues e videoclip

O cambi, o diventi meteora e il mondo si ricorderà di te solo per quei 5 minuti nel prossimo varietà TV per famiglie. È questo il principio di fondo che in quegli anni spinge Martin Gore, diventato ormai il fulcro creativo della band, ad aggiungere un tocco di Blues e di Elettronica per battere una nuova strada che sia l’evoluzione della New Wave. Se Music for the masses aveva fatto conoscere il successo ai Depeche, Violator consegna loro una consacrazione che sarà definitiva. E il merito va ovviamente alle due canzoni simbolo di quell’album: Personal Jesus e Enjoy the silence.

La prima è stata pubblicata sei mesi prima dell’uscita dell’album, nell’estate 1989 ed è una ballata Rock Blues trascinante (leggenda vuole che sia stata registrata a Milano), con un ritornello martellante che testimonia il passaggio definitivo di Martin Gore dai sintetizzatori alle chitarre, e un Dave Gahan alla voce in gran forma. A fare epoca è stato soprattutto il video ambientato in un ipotetico nuovo Far West, con tanto di campionario femminile da bordello.

Enjoy the silence è, invece, il punto più alto dell’intero album; su questa canzone si è detto di tutto, ha ispirato molti, è stata coverizzata da tanti, ma la reinterpretazione più riuscita è stata quella fatta da loro stessi, con la collaborazione dei Linkin Park alla produzione, nel 2004, e contenuta nella raccolta Remixes ‘81>’04. E anche qui la differenza la fa il video, con Dave Gahan seduto su una sdraio, con la corona in testa come un re che ha voglia di godersi in silenzio le sue terre arduamente conquistate.

Il riferimento ai videoclip non è casuale, perché la rivoluzione, per i Depeche Mode, non riguarda solo i suoni, ma anche l’immagine del gruppo; a occuparsi di loro ci pensa Anton Corbijn, che in quel periodo curava l’immagine degli U2 di Joshua Tree. Il suo tocco lo si vede già dall’immagine della copertina raffigurante una rosa rossa che sarà ripresa anche nei videoclip di cui sopra e diventerà quasi un logo per il gruppo nel futuro.

Oltre Enjoy the Silence e Personal Jesus

Ma Violator non è solo questo. Oltre i due successi maggiori c’è parecchio altro, grazie alla produzione di Flood. Rispetto ai lavori passati, l’atmosfera diventa più cupa, e tutta la prima parte dell’album ne è la prova tangibile. Brani come World in my eyes, Sweetest Perfection e Waiting for the night ammiccano a un Gothic Rock che fa da specchio a quello che è il clima interno al gruppo in quel momento: i contrasti interni, gli eccessi che porteranno Gahan qualche anno dopo a vedere in faccia la morte, per i continui abusi di eroina.

La seconda parte dell’album cambia ritmicamente, sposando delle melodie Blues, senza mai abbandonare le tonalità Dark. Di questo gruppo di canzoni fanno parte, oltre alla già citata Enjoy the silence, la magnifica Policy of truth, quasi un sequel di Enjoy the silence, Blue dress, una ballad cantata interamente da Martin Gore nelle vesti di crooner, e la conclusiva Clean, che riprende il giro di basso di One of these days dei Pink Floyd.

Un album ricco di spunti questo, un lavoro decisivo che ha permesso ai Depeche di tracciare una nuova strada che li ha poi contraddistinti negli anni a venire. È il punto più alto della loro produzione discografica, probabilmente solo Playing the angel, del 2005, riuscirà ad avvicinarsi a questi livelli. E forse non è una coincidenza, nel 2020, la concomitanza tra un anniversario così importante e l’ingresso della band nella Rock’n’roll Hall of Fame.

Ivan Cecere

Ivan Cecere

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