Da un mesetto circa ho iniziato a vedere sui profili social dei Subsonica alcune immagini che preannunciavano l’uscita di Microchip Temporale, un disco nato dalla voglia di far rivivere dopo 20 anni un disco cult della musica alternativa italiana, Microchip Emozionale.
Le immagini in questione sono state pubblicate sul profilo Instagram e Facebook della band e ritraevano “in pixel” gli artisti che hanno collaborato in questo disco, per l’esattezza 14: Willie Peyote, Nitro, Coma Cose e Mamakass, Elisa, Motta, Lo Stato Sociale, Coez, Cosmo, Achille Lauro, Ensi, Fast Animals and Slow Kids, M¥SS KETA e Gemitaiz.
Sicuramente gli artisti scelti dalla band torinese hanno destato curiosità e molto probabilmente la maggior parte di voi, come me, appena sente nell’aria la parola “remake” o “rivisitazione” o simili, inizia ad avere crisi di panico. Tra i commenti dei fan, si avvertiva anche una certa avversione per determinati artisti, che i fan non consideravano “così affini” ai Subsonica.
Al di là delle discussioni e dei commenti sotto ai post, anche divertenti sotto certi punti di vista, poteva prevedersi uno scetticismo del pubblico attuale, in alcuni casi molto lontano da quello che sembra essere il pubblico “target” di questo nuovo disco.
Insomma, dopo questo attendere, il 22 novembre esce Microchip Temporale, una nuova visione del Microchip, rielaborato con gli occhi degli artisti che “hanno oggi la stessa età dei Subsonica nel 1999”. Una scelta coraggiosa, senza pregiudizi, ora come allora i Subsonica sono capaci di reinventarsi per poi riconoscersi sempre.
Incuriosita, ascolto subito il disco. Inutile dirvi che anche io facevo parte del pubblico di scettici. I Subsonica per me hanno rappresentato la colonna sonora dei miei primi dubbi esistenziali, degli amori adolescenziali, dello scatenarsi in piazza. Immaginare Discolabirinto senza i Bluvertigo mi incuteva un po’ di disagio.
Personalmente, ci sono state delle canzoni che ho amato nel disco di 20 anni fa e che in questa nuova veste ho faticato ad ascoltare, e invece canzoni ri-arrangiate da artisti che attualmente non seguo ma che ho apprezzato. Alcune tracce dell’album sono molto simili a versioni già pubblicate, altre invece hanno cambiato completamente forma, secondo lo stile degli artisti che le hanno reinterpretate. Il giudizio in un certo senso è inevitabilmente legato anche alla stima dell’artista stesso o al gusto personale.
Ad ogni modo, è un album che ha fatto parlare di sé, alcuni delusi dicono che si tratti di una trovata commerciale, alcuni festeggiano per questa nuova ventata di giovinezza, quasi stanchi di essere troppo legati al passato.
Intorno a me, ad esempio, ho visto tanti amici che non avevano mai condiviso canzoni dei Subsonica iniziare il 22 novembre per la prima volta. Gli stessi amici che mi guardavano storto quando dicevo: “Ragazzi stasera vado a sentire i Subsonica!”. Guarda caso, proprio il giorno in cui è uscito il disco, Facebook mi ricordava che 5 anni prima ero all’Atlantico a ballare ascoltandoli, il palazzetto era colmo di gente e ricordo perfettamente che quella sera rimasi quasi stupita dal fatto che ci fossero generazioni anche lontane tra di loro, ragazzi, famiglie, bimbi. Facebook mi ricorda anche che sotto a quella foto avevo ricevuto precisamente 7 likes.
Mi piace pensare che magari questo progetto ha, tra gli altri, anche l’obiettivo di ampliare sempre di più la platea di ascoltatori e di spingere all’apertura musicale, all’ascolto di generi musicali anche molto diversi tra loro. Sono convinta che oggi ci sia ancora bisogno di artisti come i Subsonica, capaci di mettersi in discussione, evolvere, cambiare, contraddirsi. In fondo l’apertura musicale, in questo particolare momento storico, potrebbe per assurdo anche spingerci ad un apertura mentale e di pensiero.