Accettare di suonare gratis nei locali è un problema che non riguarda solo te

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Vogliamo raccontarvi una storia che ci dà il giusto spunto per trattare un argomento che a noi di Elephant Music e a tanti musicisti come noi sta molto a cuore. Esatto signori, parliamo di uno dei più antichi e logoranti dilemmi per gli artisti che cercano di emergere promuovendo la propria musica inedita: suonare gratis dal vivo, sì o no?

Circa un mese fa degli amici pugliesi ci scrivevano entusiasti per avvisarci che di lì a poco, con la loro band, sarebbero passati da Roma per esibirsi in un “live club” della Capitale, e – com’è ovvio – ci invitavano a partecipare all’evento, chiedendoci anche una mano per la promozione della serata.

Appresa la notizia avevamo subito preparato un piano promozionale e ci eravamo attivati per essere presenti la sera del concerto.

Passati i giorni e al netto di una buona promozione, ci siamo ritrovati con i ragazzi in data, ora e luogo prestabiliti.

Fin qui tutto tranquillo, eravamo consci del fatto che la serata si sarebbe svolta in regime di condivisione con altri gruppi (provenienti da tutta Italia), ma non ce ne aspettavamo così tanti (5). Fatte le dovute presentazioni abbiamo iniziato a notare i primi problemi: la location non era adatta ad ospitare band dal tiro Rock, la qualità audio era pessima, la promozione da parte del locale era stata a dir poco carente e poi la solita, amarissima ciliegina sulla torta pan di Spagna & delusione: a nessuna delle band erano stati garantiti rimborso spese, cena e drink.

La serata, con tali presupposti, non poteva che iniziare, procedere e concludersi nel peggiore dei modi. I ragazzi hanno suonato davanti a 10 persone (nessuno dei gruppi in scaletta ha una fanbase stabile a Roma), sono volati insulti e imprecazioni e tutti sono tornati a casa carichi di malcontento e rancore. La mancanza di promozione on- e offline da parte del locale e dell’organizzazione, il maltempo (che non possiamo controllare) e la negligenza dei promoter l’hanno fatta da padrona. Un fiasco.

In tutta questa storia c’è ancora però un dettaglio da aggiungere che, a nostro avviso, è la chiave di lettura di tutto l’accaduto: i ragazzi erano consapevoli di ciò a cui andavano incontro. Sapevano che non ci sarebbe stato rimborso spese, sapevano che non ci sarebbe stata nessuna band locale che potesse portare la sua fanbase e, soprattutto, sapevano che non era stata fatta promozione (motivo per cui ci è stato chiesto un intervento miracoloso a pochi giorni dall’evento). Fine della storia.

Inizio dei ragionamenti. Partiamo dal presupposto che queste sono le storie che più ci spingono a portare avanti la nostra mission con la speranza di contribuire a un futuro migliore nell’ambiente in cui, da musicisti, sguazziamo da anni. Tuttavia, non riusciamo proprio a comprendere il motivo per cui ci si spinge a tanto (parliamo di almeno 500 km di auto+autostrada+pernotto+cena) pur di esibirsi fuori dal proprio circuito. In questa storia non ce la sentiamo di dare la colpa totale a chi ha organizzato l’evento, perché non si può parlare di gestore mentalmente instabile che decide di infrangere ogni tipo d’accordo a fine serata. I patti erano ben chiari dall’inizio.

L’eccessiva foga nel volersi esibire fuori porta e la voglia di portare in giro la propria musica hanno giocato un brutto scherzo questa volta. Non si può pensare che a fine serata, spinti da chissà quale bontà d’animo o anelito di giustizia sociale, gestori, promoter o organizzatori decidano di ignorare dei patti del tutto favorevoli per riconoscere il valore di una prestazione degna di compenso. È un qualcosa che semplicemente non può stare in piedi.

Parliamoci chiaro, noi non siamo del tutto contrari al concetto di esibizione gratuita, perché ogni caso va valutato in maniera individuale. Crediamo che valga la pena esibirsi senza retribuzione quantomeno nelle seguenti occasioni: un concerto di beneficenza, festival blasonati (e intendiamo blasonati sul serio, non parliamo della sagra della pannocchia), aperture ad artisti di caratura nazionale e internazionale. Questi sono gli unici casi in cui vale davvero la pena effettuare un investimento su sé stessi e decidere di mettersi in viaggio alla volta di terre lontane.

L’amarezza non è dovuta al malcontento generale di chi si è esibito, perché quello si sa, prima o poi passa.

La questione per cui ci crolla il mondo addosso è ben diversa: ogni qual volta in cui accettate di suonare in situazioni poco chiare, a condizioni poco o per niente dignitose e senza promozione, non state facendo del male solo a voi stessi, ma a un intero movimento che fa fatica a emergere.

Rendere questo passaggio evidente è molto semplice: chi organizza questo tipo di eventi, vedendosi pieno di richieste di partecipazione e circondato da approvazione, si sente autorizzato a perpetuare situazioni di questo tipo. Non ci sono regole o vincoli etici/legali che impediscano a un organizzatore di fare ciò che vuole del suo evento. In questo modo si sta arrecando un danno non solo ad altri musicisti, i quali si vedono così negata la possibilità di suonare in diversi posti, ma anche a quegli organizzatori più onesti che vanno in over booking già alla prima settimana di programmazione e sono costretti a fare selezioni via via più stringenti. Ragion per cui va mossa una critica non solo a chi “offre” la possibilità di suonare a queste condizioni deliranti (marciandoci allegramente sopra), ma anche a quegli artisti che decidono di accettarle.

Sappiamo che è sicuramente difficile potersi muovere e suonare in giro per l’Italia senza una Agenzia di Booking seria o senza i giusti agganci ed è questo il motivo primario per cui Elephant Music è stata fondata. È di fondamentale importanza per noi evitare il realizzarsi di certe situazioni ed esperienze negative, aiutando gli artisti nella ricerca e i gestori e promoter nostri partner a curare l’offerta.

Con la speranza di ascoltare sempre meno storie di questo tipo, vi auguriamo una buona permanenza sulla nostra piattaforma

Simone D'Andria

Simone D'Andria

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