La Ballata dei Governi Tecnici: musica italiana tra Draghi e Monti

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Ci son cascato di nuovo, la musica al tempo dei Governi Tecnici

“Piove, governo tecnico”. Questa la gag più o meno simpatica che circola sui social negli ultimi giorni. Le stagioni politiche in Italia si orientano fra una crisi e una riconferma, fra elezioni anticipate e scandali. Siamo abituati così, a stare in groppa a un grande serpentone di emozioni istituzionali. Poi la corda tira troppo, si spezza e il gioco torna a farsi serio con un governo tecnico.
Ecco: per noi il decennio non si scandisce sul cambio di cifra della decina, ma sul cambio di Repubblica. Sono passati poco meno di dieci anni dal Governo Monti, era il novembre del 2011 e stava morendo la classe politica nata dopo Mani pulite. Ci si preparava ad una stagione di rottamazioni, rinnovamenti, vaffa e aule aperte come scatolette di tonno. Tutto sembrava tirato a lucido, appena uscito dall’imballaggio e, dopo nemmeno dieci anni, ci risiamo, costretti a voltare pagina, con una classe dirigente da mettere in ginocchio sui ceci per lasciare spazio al tecnico Draghi.

Ma come in tutte le relazioni tossiche che si rispettino, quando finiscono, non solo si cambia acconciatura e si giura che “mai più una cosa del genere”, ma si riascolta (non senza un certo disgusto) quella che era stata la colonna sonora del rapporto appena finito. E allora, prima di prendere in mano le forbici e fare pazzie con i capelli, ripassiamo la playlist che accompagnava il precedente governo tecnico targato 2011 con lacrimoni e Häagen-Dazs.

 

“Non c’è alternativa al futuro”: Sanremo 2011 e i “pesci grossi” della musica italiana

 

Si inizia con uno dei festival di Sanremo più chiacchierati di quel periodo storico, non tanto per la musica, quanto per la qualità della conduzione. Un Morandi spesso impacciato nelle gag e nelle battute da copione, affiancato da Elisabetta Canalis che sbircia nelle buste dei vincitori per poi darsi a balletti di festeggiamento, e Belen che scatena il gossip con la sua farfallina inguinale. Vince il “Festivàl” Vecchioni con Chiamami ancora amore, nonostante riflettori ormai lontani dal microfono.
Caparezza in quell’anno inaugura la sua fase più matura, apertamente aggressiva con una mano e caustica con l’altra. È del 2011 infatti Il sogno eretico, quinto album del rapper che, oltre al suo classico repertorio, riserva delle bordate dirette proprio alla classe politica uscente nel singolo Legalize the Premier e nell’accoratissima Non siete Stato voi.
Un Vasco seduto al volante di una vecchia automobile si presenta con l’album Vivere o niente, poco da aggiungere: la solita macchina da ascolti che naviga fra il Rock e il Pop e lascia poco alla storia musicale se non il singolo Eh… già. Eh già.
C’è di buono che qualcosa, effettivamente, si muove.

 

La rivoluzione Indie della musica italiana in tempi di crisi politica

 

Quello che si sta stancamente rinnovando sul mercato discografico italiano (oltre ai già citati ci mettiamo anche Gianna Nannini e Jovanotti, non certo di primo pelo), deve fare i conti con la nascita o la conferma degli artisti emergenti.
Vasco Brondi ha già messo le basi con i primi due album e la fortunatissima Cara catastrofe e, senza saperlo, cova in seno uno dei progetti musicali che sarebbe stato annoverato fra i padri putativi dell’Indie.
La fase embrionale del genere che ha ridato vita alla musica leggera nostrana inizia proprio quell’anno anche grazie a Il sorprendente album d’esordio de I Cani. Nel singolo Le velleità, infatti, citando proprio Brondi, Contessa sancisce in modo ufficioso la nascita di una scena che parla di sé e a sé.
Brunori Sas dà vita al secondo volume di Poveri Cristi, Paolo Benvegnù produce Hermann (e l’elenco potrebbe continuare). Ma la verità è che mentre crolla il vecchio sistema politico della Seconda Repubblica, la musica in Italia fa un passo in avanti verso la capacità di autoanalisi, si guarda e si racconta dal basso.
… E ora che anche l’Indie ha compiuto la sua parabola e ci viene a noia, cambiano le carte in tavola pure sul piano istituzionale, e abbiamo una nuova crisi davanti, auspicabilmente accompagnata da tante nuove canzoni.

Rimane solo da capire una cosa: nascono prima le crisi politiche o i generi musicali?

Edoardo Biocco

Edoardo Biocco

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