Il Punk londinese anni ’70: come siamo finiti dalla rivoluzione culturale alla Brexit

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Anthony Davie, autore di “Vision Of A Homeland – The History Of Joe Strummer and The Mescaleros”, traccia un breve ricordo dell’Inghilterra anni ’70.

 

L’Inghilterra anni ’70: un luogo difficile

 

L’Inghilterra era un Paese in crisi sia a livello sociale che economico. L’aumento dell’inflazione e la scarsa crescita economica portarono i lavoratori a guadagnare meno in termini reali e a far perdere alla sterlina il suo potere d’acquisto. Il governò tentò di riportare la stabilità dopo un’impennata dei prezzi e dei salari, ma si trovò di fronte a una massiccia agitazione degli operai. Nel 1974 i minatori scioperarono ripetutamente e ci fu un’altra riduzione energetica importante. Nello stesso anno a Londra, in Red Lion Square, lo studente Kevin Gately diventò la prima vittima in una manifestazione sul suolo britannico dopo 55 anni. Nel 1976 la situazione economica si deteriorò maggiormente e questo creò i presupposti per i successi del National Front Party, l’ala più radicale dell’estrema destra, al quale si opposero gruppi come Liberation e IMG (International Marxist Group) che manifestavano sistematicamente in opposizione alle marce del National Front. I successi politici dell’estrema destra furono limitati alla vittoria di due seggi a Blackburn nel ’76. A tutto questo si aggiunse il problema Nord Irlandese, con l’escalation di attentati compiuti sul suolo inglese da parte dell’IRA, che gettò la popolazione in uno stato di disperazione e abbattimento. Molte furono le trasposizioni artistiche di questo periodo di tumulti. Basta pensare ai romanzi di Irwine Welsh, come Trainspotting o Skagboys o a quelli di Hanif Kureishi come The Buddha of Suburbia in cui lo scrittore racconta come dopo lo scandalo Windrush tutti gli immigrati fossero ghettizzati e trattati da subumani in quella patria matrigna che li voleva sfruttare fino allo sfinimento e poi rigettarli in mare.

 

Punk e creste variopinte: nascono i Sex Pistols

La cultura del tempo è quindi pregna di uno spirito underground e di un ritorno a forme di espressione più radicali e di base, che raccontassero al meglio l’alienazione della classe operaia con tutto ciò che le ruotava attorno. Tutto confluì nel Punk e i giovani del tempo trovarono in esso il miglior canale di comunicazione: per loro il crestone variopinto e le borchie sulle giacche fecero da manifesto stilistico. La vita non aveva più quella leggerezza che aveva contraddistinto un altro grande movimento di controcultura negli anni ’60, cioè quello degli Hippie, ma i Punk erano sempre sviliti e avvolti da un’apatia e da un nichilismo disarmante. I portavoce di questo nichilismo furono maggiormente i Sex Pistols ai quali, Il 31 maggio 1977, venne bandito il secondo singolo dalla BBC perché brano era di “cattivo gusto”. Ma questo era solo l’inizio di una lunga controversia.

 

“Non ci sono molte canzoni scritte davanti a un piatto di fagioli al forno a colazione che hanno diviso a tal punto una nazione e forzato un cambiamento nella cultura popolare.”
Così avrebbe detto John Lydon, noto anche come Johnny Rotten, trent’anni dopo l’uscita della sua God Save the Queen. Dio salvi la regina – God Save the Queen è l’Inno Nazionale inglese. Un inno legato al passato; un passato di immobilismo e monarchia, bersaglio perfetto per un gruppo che voleva demolire tutto l’ordine costituito, “istituzioni fasciste” comprese.

 

Il testo di God Save the Queen

“God save the Queen
“Dio salvi la regina”
The fascist regime
“Il regime fascista”
They made you a moron
“Ti hanno fatto diventare un idiota”
A potential H bomb”
“Una potenziale bomba a idrogeno”

“Don’t be told what you want, you want
“Non farti dire ciò che vuoi”
And don’t be told what you want to need
“e non farti dire di cosa si vuole avere bisogno”
There’s no future, no future
“Non c’è futuro, non c’è futuro”
No future for you”
“Nessun futuro per te”

 

 

The Clash: un Punk diverso

 

Alcuni giornali arrivarono ad accusare il gruppo di tradimento e chiedevano la loro impiccagione pubblica, ma nonostante ciò il brano ebbe un successo clamoroso e tra la fine di maggio e gli inizi di giugno riuscì a vendere oltre 150 mila copie al giorno a riprova di come quel malcontento fosse vivo e vegeto. All’epoca si diceva che se i Sex Pistols volevano solo distruggere, The Clash volevano unire. Infatti i quattro outsiders rivoluzionarono il Punk con uno stile rabbioso e allo stesso tempo intellettuale che esprimeva la loro visione del mondo. Inneggiavano alla white riot, concetto male interpretato dai fascisti, dato che la ribellione dei bianchi alla quale i Clash inneggiavano era in realtà un modo per risvegliare le coscienze dei ragazzini “bene” – riguardo a ciò che stava accadendo attorno a loro. Esattamente come già avevano fatto i neri a Nothing Hill nel 1958 e a Brixton nel 1981, proprio come raccontano in uno dei più bei brani dell’album London Calling.

 

Il testo di The Guns Of Brixton

 

When they kick at your front door
“Quando vengono alla tua porta”
How you gonna come?
“Come verrai?”
With your hands on your head
“Con le mani sulla tua testa”
Or on the trigger of your gun
“O sul grilletto della tua arma”

 

You can crush us
“Puoi schiacciarci”
You can bruise us
“Puoi ferirci”
But you’ll have to answer to
“Ma avrai da rispondere”
Oh, the guns of Brixton
“Oh, le armi di Brixton”

 

Sid Vicious, il bad boy che affossò i Sex Pistols?

La svolta decisiva per la carriera dei Sex Pistols arrivò con l’entrata di Sid Vicious nel gruppo. Egli, al contrario di Glen Matlock (bassista dal ’75 al ’77), riuscì a entrare con maggior arroganza nello spirito del gruppo. Inizialmente Matlock fu accusato di ascoltare i Beatles e perciò di andare contro agli stili musicali degli altri membri, ma più avanti venne fuori che aveva l’attitudine da bravo ragazzo: “uno di quelli che si lavano sempre i piedi” commentarono in un’intervista gli stessi Sex Pistols. Vicious, che precedentemente era stato batterista dei Siouxsie and the Banshees e dei Flowers of Romance, aveva perciò grandi difficoltà ad approcciarsi al basso, pur rispecchiando il prototipo del punk-rocker. Era quel tipo di persona che andando in centro a Londra avrebbe attirato l’attenzione di tutti come uno scarafaggio nella stanza da letto della regina a Buckingham Palace.

 

 

“L’amplificatore di Vicious era spesso a volume bassissimo, o addirittura spento durante i live e la maggior parte delle linee di basso durante le registrazioni erano suonate da Jones o da Matlock. Dopo il suo ingresso, per i Pistols non si trattò mai più di fare musica. Si trattò semplicemente di dare scandalo.” Dichiarazione di: Marco Pirroni (chitarrista, paroliere e produttore discografico britannico).
Nel gennaio del 1978 i Sex Pistols si imbarcarono in un tour negli Stati Uniti. In una delle prime notti, Sid vagò in cerca di droga fuori dell’Holyday Inn, a Memphis. Venne ritrovato poco dopo in un ospedale con le parole “Gimme a fix” (datemi una dose) auto incise sul torace con un rasoio.

 

 

Rotten nel frattempo iniziò a isolarsi da Cook e Jones, e a disgustare Sid, tanto che, nell’ultima data a San Francisco, il 14 gennaio del 1978, Rotten chiuse il concerto con No Fun, una cover degli Stooges chiedendo al pubblico: “Ever get the feeling you’ve been cheated?” (“Avete mai avuto l’impressione di essere stati imbrogliati?”) per poi gettare il microfono a terra e scomparire dal palco. Il 17 febbraio del 1978 Rotten annunciò la sua uscita dai Sex Pistols. Vicious partì per New York (dove trovò la morte per un’overdose di eroina il 2 febbraio 1979), mentre McLaren, Cook e Jones andarono in vacanza a Rio de Janeiro, abbandonando Rotten in America senza soldi e biglietti per l’aereo. In seguito, Rotten affermò: “I Sex Pistols mi hanno abbandonato a Los Angeles senza biglietti, senza una stanza d’albergo e con un messaggio della Warner Bros che diceva che se qualcuno avesse chiamato dichiarando di essere Johnny Rotten, questi avrebbe mentito.”

 

 

Trump e Brexit sono Punk!?

 

 

Dopo tutti questi anni però, il volto del Punk londinese non ha smesso di far parlare di sé. Ebbene sì, perché oltre che a continuare a fare concerti, Rotten ha mantenuto il suo spirito inconfondibilmente punk e al di sopra delle regole, regalandoci dichiarazioni e comunicati stampa unici nel loro genere.

 

John Lydon: “Il punk è anti-establishment, l’establishment odia Trump, quindi Trump è punk”. Questa una delle ultime uscite dell’icona punk in un’intervista all’inglese Observer in cui parla anche della Brexit e della famiglia reale. L’ex cantante dei Sex Pistols, ora cittadino americano, crede che Joe Biden sia inadatto a guidare gli Stati Uniti. Pare che il cantante inglese solidarizzi con l’ex presidente per via delle accuse di razzismo lanciate ad entrambi: “Sono stato accusato della stessa cosa, quindi mi sento offeso per chiunque venga chiamato razzista”. Procedendo sempre su questa linea, si è detto a favore della Brexit: “Col referendum la gente ha detto la sua e non si farà più guidare da [europei] continentali sconosciuti”. Il passato, contrassegnato dall’ostinata ricerca di una via di fuga dalle regole, lo ha portato a pensare come uno di quei signori avanti con l’età che durante la sua giovinezza scandalizzava per il suo stile di vita e la sua musica provocatoria. Johnny Rotten ha smesso quindi di essere un’icona di ribellione per i giovani? Maturando ha preso anche lui un posto nella società?

 

La stessa sorte toccherà anche a me? Diventerò come Mark Renton di Trainspotting? Metterò anch’io la testa a posto? Andrò avanti; righerò dritto? Diventerò anch’io esattamente come voi: “il lavoro, la famiglia, il maxi-televisore del cazzo, la lavatrice, la macchina, il cd e l’apriscatole elettrico”?

Roberto Meli

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