Biopic-mania: tocca ai Ramones col film “I Slept with Joey Ramone”

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Il biopic delle grandi icone musicali è un genere che, pur collocandosi in periodi storici differenti, ha sempre fatto tendenza: non potevano, quindi, mancare i Ramones all’appello. Pete Davidson, volto in ascesa già noto per film tra cui Saturday Night Live, Il re di Staten Island, The Suicide Squad, interpreterà Joey Ramone, il frontman della band, nella produzione Netflix e STXFilms “I Slept with Joey Ramone”. Il film sarà diretto da Jason Orley (Big Time Adolescence, Pete Davidson: alive from New York).
Ma perché la vita degli artisti ci affascina così tanto?

 

L’epoca del biopic: le Rockstar al cinema

 

È un genere che sta vivendo una nuova golden age: dopo A Star is Born, Bohemian Rapsody e Rocketman, si sta scatenando una vera e propria mania estesa anche all’Italia che ha visto, nel suo piccolo, l’eco del successo del documentario Ferro. In Inghilterra, invece, è già disponibile Stardust, storia del compianto David Bowie che – personalmente – non vedo l’ora di vedere. Altre produzioni gravitano attorno a figure imponenti come Billie Holiday, Aretha Franklin, Buddy Holly, Michael Jackson, Madonna

 

Perché i biopic hanno così successo?

 

Il punto focale, secondo il mio modesto parere, è che mai come ora abbiamo bisogno di sognare di essere qualcuno o qualcosa di diverso. La musica assume un valore che si protrae su più livelli: se da una parte c’è un’esperienza legata strettamente all’ascolto e alla connessione che abbiamo con un brano o una canzone, dall’altra c’è anche un vero e proprio processo di identificazione. Non a caso, non ci leghiamo mai solo al brano, ma alla band o all’artista che l’ha prodotto. Nei compianti anni ’90, questo concetto era pienamente espresso dall’esistenza di una lunga sequela di sottoculture, che portavano il processo identificativo a un livello così ampio da comprendere il vestiario.

 

Ancora oggi ci capita di indossare maglie di concerti, di portare attaccate alle borse da lavoro spille del nostro gruppo preferito. Ci sentiamo amici di quelle persone, perché ci capiscono. Ci fanno ridere, ci fanno piangere, ci fanno sentire parte di qualcosa di più grande. E non solo: in qualche modo, ci ispirano.

 

La ricerca di identificazione negli idoli musicali

 

Uno dei topic del nostro secolo è probabilmente la ricerca dell’identità. Si dibatte continuamente su chi siamo, passando dalle più banali etichette lavorative alle tematiche delicate come la sessualità. Il biopic ci serve anche a questo: per vedere la vita, i retroscena di altri che hanno combattuto prima di noi per un’affermazione. E anche un po’ per umanizzare il mito.

 

Proprio come nella mitologia greca, che insegna che i peggiori vizi degli Dei risiedevano nella loro umanità, le biopic ci aiutano a comprendere meglio le frustrazioni, i coni d’ombra, le curve indispettite di certi animi irrequieti che rappresentano, ancora oggi, un simbolo.

 

Consigli per chi vuole godersi qualche biopic

 

In attesa delle nuove uscite, vi segnaliamo alcune piccole perle del passato che, secondo noi, rientrano tra i must have del genere: come ad esempio Control, film del 2007 diretto da Anton Corbijn sulla breve e tragica vita di Ian Curtis, frontman dei Joy Division; Love & Mercy, con Paul Dano e Jhon Cusack a dividersi i panni di Brian Wilson dei Beach Boys, raccontandone il genio ma anche i problemi legati alla malattia mentale.

 

Ancora: Last Days, di Gun Van Sant, non strettamente un biopic, ma più un ritratto onirico della figura di Kurt Kobain e del Grunge; Sid & Nancy, grande evergreen del genere, sul complesso rapporto di Sid Vicious e Nancy Spungen e, infine (anche se spero che tutti i nostri lettori si sentano oltraggiati da questo suggerimento perché conoscono questo film a memoria), il bellissimo Walk The Line, frammento toccante della vita di Johnny Cash, interpretato da un Joaquin Phoenix oltremodo strabiliante.

 

Prepariamo i pop-corn in attesa di questo nuovo e interessante biopic!

Arianna Zoccolini

Arianna Zoccolini

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