Duna. Quando i Tuareg incontrano la psichedelia Rock [Open Call L’Olifante]

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su whatsapp
Condividi su telegram
Condividi su pinterest
Condividi su email
duna-recensione

Presentatisi alla prima Open Call de L’Olifante, i Duna hanno convinto molti dei nostri giudici, piazzandosi al terzo posto nella classifica di gradimento. Con questa recensione, proviamo a spiegarvi l’unicità del sound di questa band e il perché si sia meritata un posto anche sulle pagine de L’Olifante #1 – I Generi

Al di là delle etichette World Music, i pregi di Green Math (2019)

duna--green-math-recensione-lolifante

Da quando i Tinariwen hanno portato alla ribalta la musica tradizionale Tamashek, quell’immaginario musicale “desertico” del Sahara meridionale ha iniziato a farsi largo nelle orecchie curiose degli ascoltatori del nostro emisfero. Come spesso avviene con generi estranei alla sfera anglofona, la musica dei nomadi Tuareg è stata indebitamente etichettata nei modi più svariati: Tuareg Rock, Desert Blues, sino a un ridicolo Guitar Music, a sottolineare forse l’uso delle chitarre elettriche al posto dei tradizionali imzad. Tutte variazioni della macroetichetta World Music, un non-genere figlio di un approccio riduzionista e colonialista alle musiche locali e, in generale, non Occidentali.

Questo per dire che, quando ci si approccia a un album come questo dei Duna, il pericolo di ridurre tutto alle proprie categorie culturali è sempre dietro l’angolo. Sarebbe però ora di ragionare su come certa tradizione musicale influenzi la nostra visione del mondo. I Duna sembrano avviare, inconsciamente o meno, questo ragionamento, trasferendolo nelle note e nei ritmi di Green Math, il loro terzo album.

Tradizione Tamashek e Rock Psichedelico: il sound meticcio dei Duna

Il nome del quartetto dice già tutto. Si preme play e l’iniziale Griera fa sfilare dinanzi a noi una ricca galassia di immagini: il Sahara, le carovane cammellate, il vento che spazza via la sabbia, gli spazi infiniti e i fuochi sotto una volta celeste chiarissima.

Tutto è trattato con tocco delicato dai Duna, il cui primo rimando musicale è alla tradizione Tamashek, trasfigurata attraverso una sensibilità, questa sì, più Rock psichedelica. A un primo livello, i pezzi presentano l’essenzialità della musica sahariana; ascolto dopo ascolto, però, la complessità si manifesta nei dettagli, specie negli arrangiamenti di chitarra – grande protagonista del disco – e nel dialogo continuo fra basso e percussioni.

Queste, mai ridotte a funzioni di mero abbellimento, donano un dinamismo accentuato e fascinoso, impossibile da restituire alla batteria: si ascoltino, ad esempio, la title-track Sound of Anarchy, manifesto dell’intero lavoro nel quale gli ZZ Top si trovano a ballare in cerchio con i Tuareg, o Wanted, colonna sonora da trilogia del dollaro per le influenze gitane che sbucano inaspettate.

Piccoli assaggi di un sincretismo che i Duna non banalizzano mai, creando qualcosa di valido che ha ampi margini per sviluppi ulteriori, accostabili ad esperimenti simili come quelli da solista di Viterbini. Una danza rituale sotto la luna fra il Nord e Sud del mondo: questo è, in sostanza, Green Math. Un viaggio che passa dal deserto africano e da quello della California, tra jam hippie anni ’60 – Grateful Dead in testa – e “carovane planetarie” di sabbathiana memoria. Di questi tempi, spaventosi e spaventati, inquieti e inquietanti, non è assolutamente poco.

Clicca qui per ascoltare il loro album su Spotify 

Carlo Cantisani

Carlo Cantisani

Iscriviti alla nostra newsletter.

+39 06 9450 2938

Scrivici

info@elephantmusic.agency

Esprimici tutte le tue perplessità, saremo lieti di ascoltarti e risponderti il prima possibile. Se cerchi consigli su come produrre al meglio il tuo lavoro inviaci la tua demo!

© 2021 - All elephants are reserved. Elephant Music - 00136 Roma (RM) - P.iva e C.F.: 16016741007

No template exist for the footer. Add new section template.