Cultura & lavoro: il binomio per la riforma del mondo dello spettacolo

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Qualche settimana fa, sul nostro blog abbiamo evidenziato che mentre in Italia il mondo dello spettacolo esternava il suo disappunto attraverso varie forme di protesta e denuncia, all’estero si provava a porre le basi per un ritorno dei grandi eventi dal vivo.

 

Progetti che, però, hanno subito dei rallentamenti anche per via dei costi onerosi correlati a una ripartenza delle attività in pandemia, che avrebbero suscitato delle perplessità anche nei Paesi Bassi, precursori nella ricerca di soluzioni a questo vero e proprio dilemma.

 

Verso la riforma dello Spettacolo

 

Ebbene, col dovuto e canonico ritardo (una forma di differita temporale, una sorta di savoir faire delle relazioni formali tipicamente italiana), anche nel nostro Paese si prova a entrare nel vivo rispetto una ripartenza delle attività lavorative legate al mondo dello spettacolo. Sia chiaro: siamo ancora ben lontani dal sognare di immergerci in stadi gremiti di appassionati, eventi teatrali al cospetto dei (troppi) curiosi o situazioni simili.

 

Che caratteristiche avrà questa riforma dello spettacolo?

 

Dopo diversi solleciti portati all’esasperazione da parte di lavoratori autonomi e organizzazioni sindacali di categoria, il Ministero della Cultura sembrerebbe, finalmente, aver aperto a una vera e propria riforma dello spettacolo attraverso la creazione di un testo di Legge, sostenendo che l’elaborato dello stesso nasce dal contributo condiviso di tutte le proposte presentate in Parlamento. Si discute, quindi, di sostegni al reddito nei periodi di inattività, formazione certificata e obbligatoria come strumento essenziale, registro delle professioni, (una sorta di albo d’oro dei lavoratori dello spettacolo) ma, soprattutto, di superamento del lavoro sommerso (lavoro nero).

Tutte grandi intenzioni di questo periodo difficile che, forse, ci stiamo lasciando alle spalle, non possono essere disattese (ndr, se ne parlerà approfonditamente nel prossimo numero de “L’Olifante“).

 

La legge non basta. Centralità alla cultura

 

Si tratta dell’ultima chiamata per il mondo dello spettacolo e della cultura, per far sì che dalla stessa si possa risorgere, e per fare in modo che, una volta per tutte, non venga percepita come surrogato di una forma d’intrattenimento, ma come mezzo necessario per l’evoluzione della società.

 

Dopo la misura politica e normativa, servirà un’inversione di tendenza in un Paese che, troppo spesso, ha voltato le spalle a musicisti e a attori, snobbando la formazione culturale a favore di forme d’intrattenimento decisamente più dozzinali. Su questo non c’è Decreto Legislativo che tenga, se non accompagnato da una forte presa di coscienza.

 

Nemmeno il debutto di ItsArt, la piattaforma digitale partecipata al 51% da Cassa Depositi e Prestiti e al 49% da CHILI, (società privata alla quale verrà affidata la gestione del servizio), fortemente voluta dallo stesso Ministero della Cultura, potrebbe essere del tutto funzionale. Soluzioni come questa, però, servono da corroborante rispetto al momento che ci apprestiamo a vivere, in cui tutti vorremmo ripristinare il contatto con la vita reale.

Back To Live, un anno dopo… Ci siamo quasi!

Giancarlo Caracciolo

Giancarlo Caracciolo

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