Final Fantasy: la diva del muto salvata dal compositore autodidatta

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Croce e delizia della generazione anni ‘90, i videogiochi hanno occupato una fetta considerevole dei pomeriggi di ognuno (o quasi) di noi. Chi ha assistito all’ascesa di questo medium relativamente nuovo, si è approcciato con una curiosità dei bambini mista a quella del pubblico dei fratelli Lumière: stupore e meraviglia! Passati i decenni di giochi solo arcade o fortemente elementari, negli anni ‘90 era tempo di una fase più matura, più volta alla narrazione, che non nascondesse una coraggiosa impronta cinematografica, con crescente cura e attenzione. Erano gli anni in cui, con le nuove consolle, venivano al mondo le grandi saghe videoludiche: vere e proprie produzioni che vedevano coinvolte numerose figure professionali oltre ad animatori e designer. E si sa, non esiste saga che si rispetti senza la sua degna colonna sonora. Molte software houses, infatti, avevano iniziato in quegli anni ad affidarsi a veri e propri compositori e ad includere nel disco del videogioco anche l’OST, consultabile traccia per traccia. O, ancora, vendevano a parte le musiche se reputate artisticamente rilevanti. Tutta questa introduzione, per parlarvi di un tema che mi sta particolarmente a cuore: l’approccio alle musiche in una grande serie di videogames come Final Fantasy.

 

Un compito non semplice

Il perché questa saga sia l’esempio perfetto è presto detto visto che si è avvalsa, fin dai primi capitoli, di un suo personale compositore, Nobuo Uematsu, che ne avrebbe curato le colonne sonore per i seguenti trent’anni. Il compito affidato a Nobuo non era certo dei più semplici. Prima di tutto, non era semplice il ruolo di pioniere che stava ricoprendo, lui che era un musicista poco più che autodidatta. Non era semplice perché le trame contenute in quei giochi, così immaginifici, necessitavano del giusto contrappunto musicale, in grado di sottolinearle. Per ultimo, non era facile perché (per i primi dieci capitoli della serie) i personaggi non erano doppiati, ma si esprimevano solo con finestre di dialogo scritte. In questo è interessante il percorso che ha ricoperto la musica di Uematsu. Così come durante le proiezioni dei film muti era affidato al pianista in sala tutto il sonoro, così in Final Fantasy le atmosfere, i toni e perfino l’espressività dei singoli caratteri dovevano passare per il pentagramma.

 

La missione di Nobuo

Lo scopo principale della sua musica era quella di saper raccontare, oltre le parole, quanto stesse avvenendo sullo schermo. Un commento musicale che doveva in qualche modo interagire con le personalità degli eroi della storia. Il compositore scriveva dei temi che venivano poi ripresi costantemente, ampliati e rivisti sapientemente, pensati come fossero parte di una sinfonia. Tappeti sonori in cui era possibile sentire le influenze del progressive rock degli Emerson, Lake and Palmer e della musica di Bach.

Uematsu cuciva su trame e personaggi abiti unici, che avevano un nome e racchiudevano la loro individualità.

Il suo lavoro di scrittura sopraffino, fu presto riconosciuto e apprezzato anche al di fuori del circuito videoludico. Ricordiamo il singolo “Eyes On Me” estratto dall’OST di Final Fantasy VIII, che entrò nelle classifiche, o dei brani del medesimo titolo della saga, scelte dal team USA di nuoto sincronizzato nel corso delle olimpiadi di Atene 2004, terminate per loro con un bronzo. Ciò che rende la figura di Nobuo Uematsu tanto importante, oltre a quanto detto, è il fatto che tutto ciò accadeva in un’epoca storica in cui i videogiochi concorrenti si avvalevano del doppiaggio. La decisione degli autori di Final Fantasy costituì una sorta di downgrade, una scelta di campo precisa. Non era dettata da una restrizione tecnologica, quanto da una esigenza artistica. Erano giochi di forte impatto visivo, certamente, ma Sakaguchi scelse di non sacrificare la musica in nome della voce. Così, mentre tutti gli altri giochi sfoggiavano doppiaggi e adattamenti in tutte le lingue del mondo, la saga di Final Fantasy procedeva col suo piglio, forse un po’ agee, da diva del muto, “tutta orchestra e baloons”.

Fu proprio in quegli anni che si registrò il cambio di passo dei videogame, che proprio grazie a professionisti come Nobuo, iniziarono a vedersi riconosciuto uno status di maggior rispetto. Come fosse una specie di “gavetta artistica”, anche la creatura di Sakaguchi stava vivendo il suo periodo delle origini in cui senza la viva voce dei protagonisti era necessaria una degna sostituzione orchestrale. E Final Fantasy si è ricavata un posto speciale nell’Olimpo videoludico anche per questo motivo: perché sono state le musiche di molti dei nostri ricordi, una fantastica cornice di storie che senza quelle melodie avrebbero perso l’atmosfera da epopea fantastica di fine millennio.

Edoardo Biocco

Edoardo Biocco

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