Impariamo a conoscere la Musicoterapia #2 – Lo strumentario Orff

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Cari lettori, eccoci nuovamente a parlare di Musicoterapia e del processo delle Artiterapie.

 

Musicoterapia e strumentario Orff

 

Esistono diversi modelli che vengono messi in campo a secondo della situazione e della preferenza del Musicoterapeuta e ogni metodo propone il suo setting. Oggi trattiamo lo strumentario Orff, composto da strumenti generalmente a percussione prevalentemente costruiti con materiali naturali come il legno.
Carl Orff studiò all’Accademia musicale di Monaco e insegnò nella Günther-Schule e nella Hochschule für Musik. Compositore e musicista, intorno al 1950 iniziò a usare alcuni strumenti ai fini didattici e successivamente terapeutici. Parliamo di strumenti idiofoni (piccoli strumenti a percussione), membranofoni (tamburi, tamburelli, bongos, ecc.) e qualche strumento a corda. Le caratteristiche più interessanti di questo strumentario sono date dalla loro robustezza, leggerezza, dai timbri intensi e dalla intuibilità d’uso. Sono applicabili nella prevenzione e nella cura della persona o dei gruppi che intraprendono un percorso curativo o preventivo. Lo strumentario Orff possiede delle forti caratteristiche comunicative. In questo contesto gli strumenti musicali fungono da scudo, creando lo spazio introspettivo e dando la sensazione di essere in una zona confort; soluzione più semplice rispetto al doversi mettere in gioco soltanto attraverso la voce e il canto. Questi strumenti possono essere suonati tutti insieme, sono facili al trasporto, hanno infinite possibilità espressive, favoriscono l’espressione e l’estroversione e consentono il movimento e l’uso della voce e la riproduzione di molte sonorità dell’ambiente.

 

 

L’ISO di Rolando Benenzon

 

Nella relazione fanno vivere le sonorità in modo attivo, consentendo di percepire dinamicamente il proprio spazio e tempo. Molti strumenti di origine popolare sono stati sperimentati e poi inseriti nei vari setting e rimandano a ciò che chiamiamo ISO (identità sonora) di Rolando Benenzon, che individuò e perfezionò questo concetto fino a farlo diventare un modello interpretativo universalmente riconosciuto.

L’ISO può essere classificato in: ISO universale (acqua, battito cardiaco, fuoco, suoni della natura), all’imprinting sonoro, ISO gestaltico (particolare approccio di ciascun individuo con il suono), allo scambio sonoro con l’ambiente circostante e con l’altro (ISO complementare), all’interazione e all’appartenenza alle sonorità di un gruppo o un’etnia (ISO gruppale). Lo strumentario rinforza il senso di appartenenza, recuperando una dimensione partecipativa e collaborativa, e ciò rende possibile la costruzione di buone dinamiche sonore e relazionali. Le sonorità sono legate all’individuo, alla sua essenza e alla sua primitività così come le forme di questi strumenti. Per fare un esempio pensiamo al tamburo, esso rimanda al femminile e al maschile, alla terra, al ventre materno, al bisogno di contenimento, e al tempo stesso si offre come intermediario per scariche vitali ed energetiche.

Gli strumenti raccontano l’uomo, lo rappresentano e facilitano la comunicazione proprio per gli aspetti evocativi che sollecitano in ciascuno e nella relazione. E voi quale strumento scegliereste?

Simona De Pace

Simona De Pace

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