Abbiamo un problema con la comicità e con la musica demenziale?

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Il periodo storico è strano. Da qualche anno a questa parte si è potuto osservare un risveglio delle coscienze – specialmente quelle dei più giovani – su varie tematiche. Si tratta perlopiù di una sorta di “pulizia” del linguaggio e dell’attitudine verso argomenti sensibili che era oggettivamente ora di svecchiare, in particolar modo qui nel Belpaese.

 

La cosa che apprezzo di più di questo sforzo è la costanza, la puntigliosità (a volte anche eccessiva) e i tratti agguerriti di chi non vuole più perpetrare certi stereotipi, come di chi cerca di scardinare alcune tare mentali e in generale prova a fare un passo in avanti. Ma è un passo faticoso. Un po’ perché è comodo rimanere fermi su degli schemi sicuri, fissi da decenni, determinati da una cultura popolare che si è evoluta a ritmo pachidermico e indolente. Un po’ perché lo scontro generazionale è da sempre difficile da digerire. E oggi più che mai viaggia su binari che non solo sono paralleli, ma vanno a velocità ben diverse.

 

Le nuove generazioni e la “dittatura” del politically correct

 

Concetti come la stigmatizzazione della blackface, il peso che ha il dead name per le persone trans, la condanna di alcuni toni gradassi rivolti verso chi è omosessuale, tossicodipendente o soffre di un disturbo legato alla salute mentale, stanno arrivando come un’onda da Occidente che sommerge alcuni modi di “esprimere” la propria posizione. E lo ripeto: era ora.

 

Chiaramente non tutti hanno gli strumenti per far fronte a un giro di vite come questo, allora si invoca la censura, la dittatura del politically correct e la cancel culture, solo perché lo spaesamento crea rabbia e confusione in chi si sentiva legittimato fino a ieri a esprimersi senza curarsi più di tanto della sensibilità altrui. In ogni movimento ci sono delle spigolosità, e a volte è tanta la foga di “correggere” alcuni atteggiamenti, che si cade nell’esagerazione e nel ridicolo, però la strada sembra essere quella giusta.

 

Chi è rimasto scottato nell’ambito artistico sono sicuramente i comici di mestiere, da salotto tv e simili, molti dei quali si sono visti decimata buona parte del repertorio ritenuto irricevibile dagli under 40. Fortunatamente non sono mancate le nuove leve che, proprio nel momento in cui iniziava la flessione della parabola della vecchia guardia, hanno saputo imporsi con un linguaggio e un modo di trattare la quotidianità molto più fresco.

 

La tradizione italiana della musica demenziale. Ci piaccion le sbarbine?

 

Ma cosa c’entra la musica? E come mai ho iniziato l’articolo dicendo che siamo in un momento strano? Perché proprio quando ancora un certo tipo di comicità e una certa visione del mondo tagliata un po’ più con l’accetta era ancora in auge, esisteva un filone musicale irriverente, forte e – per l’epoca – di rottura col passato. Mi riferisco alle esperienze musicali di Squallor, Skiantos, Latte e i Suoi Derivati, fino a Elio e le Storie Tese. Oggi sembra essersi asciugata quella vena creativa, o pare stia quantomeno prendendo nuove strade.

 

Seppur con grosse differenze di caratura sia compositiva che narrativa, tutti i gruppi sopra citati hanno avuto il merito di intrattenere un paio di generazioni fra la fine degli anni ‘80 e la prima parte degli anni 2000. Sono stati in grado di intercettare i gradi di lettura della contemporaneità, capendo i limiti dell’opinione pubblica e le sue forme di bigottismo, forzando per spostarli “più in là”.

 

Il percorso artistico di Elio e le Storie Tese

 

L’immaginario giovanile è di certo legato agli Elii: cazzoni di livello olimpionico, davano l’impressione di essere sempre sul pezzo, di parlare, scrivere e suonare di quello che stava accadendo vivendolo in prima persona.

 

I tic linguistici, i tormentoni, gli scandali politici le critiche impietose e le banali volgarità cameratesche, si mescolavano senza posa nella produzione del simpatico complessino. Inoltre, venivano costantemente incensati dalla critica creando quello strano clima a metà strada fra il genuino apprezzamento delle loro trovate e il timore di diventare oggetto delle loro spietate canzoni. Erano diventati fenomeno di culto, una nicchia mainstream. Gli EelST erano giullari di corte che del Re dicevano peste e corna, ma dormivano nel castello.

 

Eppure a risentirli oggi suonano nel migliore dei casi come qualcosa di superato, nel peggiore dei casi come qualcosa di offensivo. Ed è un cambiamento fisiologico. Si sono fermati qualche passo prima di incassare i primi timidi fischi ai live.

 

La musica demenziale italiana oggi

 

Ma dopo il loro scioglimento? Dopo, c’è stato poco e niente nel radar. Mentre nel caso del mondo della comicità i sostituti li stiamo imparando a conoscere e apprezzare già da qualche anno, il filone della “musica demenziale” sta latitando di interpreti. C’è Pippo Sowlo che però è osteggiato da parte dell’ala progressista di Millennials e Generazione Z, oltre ad aver ricevuto pesanti critiche da gruppi di femministe, infatti occupa un ruolo molto controverso sulla scena hip-hop. Ci sono i Pop X, che per quanto abbiano le carte in regola per ridare linfa al filone, mancano del riconoscimento necessario; di quell’etichetta di “geni sregolati” che permise ad Elio e le Storie Tese di scardinare le porte del pubblico generalista.

 

Nuovi modi di esprimere ironia in musica: Vazzanikki e Willie Peyote

 

Ma allora perché? In questo panorama artistico in cui sembra si stia trovando l’aggiornamento per quasi tutto e tutti, la musica “umoristica” non ha il suo corrispettivo 2.0. Potrebbe essere semplicemente la fine di un ciclo. Potrebbe anche significare che fra le tante modalità di espressione dell’ironia, il pubblico prediliga i tagli inferti alla Willie Peyote – più sardonico e meno sfrontato.

 

Magari, in un’epoca litigiosa come quella che stiamo vivendo, è complicato delegare alla sintesi di una strofa la propria lettura comica dell’attualità. Oppure potrebbe essere un momento storico in cui ci si prende molto sul serio, quando si sente di ascendere al rango di artista per “sporcarlo” o metterlo a repentaglio con “certi testi”.

 

In attesa che i dubbi si dissipino mi godo la presenza sulla Rai dei Vazzanikki, covando la segreta speranza che fra una decina d’anni possano approdare a Sanremo. Sognare costa pochissimo.

Edoardo Biocco

Edoardo Biocco

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